Napoli

“‘o purpo s’adda cocere cu’ l’acqua soja“.

Il cibo da strada, secondo la definizione della FAO, è costituito da quegli alimenti, incluse le bevande, già pronti per il consumo, che sono preparati o venduti soprattutto in strada o in altri luoghi pubblici, come mercatini o fiere, anche da commercianti ambulanti, spesso su un banchetto provvisorio, da furgoni, o da carretti ambulanti….Il cibo di strada è strettamente legato al fenomeno del cibo da asporto (take away/take-out), e ad altri fenomeni di consumo informale di cibo, come gli snack, gli spuntini, il fast food, il pranzo al sacco.

Lo “street food” sembra una novità, legata ai tempi moderni, alla velocità, alla praticità di chi lavora fuori casa tutto il giorno e non ha tempo di cucinare; non è cosi’. Già i Romani ne approfittavano:

Gran parte della popolazione infatti consumava i pasti in piedi, velocemente, sostando in locali semi-aperti affacciati sulla strada: le tabernae, di cui rimangono importanti vestigia a Pompei. Questi locali avevano un bancone di pietra, con cinque o sei contenitori incastrati, rivolto verso la strada; altri contenitori erano messi in mostra per la gente che passava. Accanto al banco vi era un fornello con una casseruola piena di acqua calda. Nel retro c’erano la cucina e le sale per la consumazione.

Oltre che méta dei viaggiatori di passaggio, erano anche il luogo dove i poveri si facevano riscaldare le vivande, in quanto non sempre disponevano di strumenti o spazio sufficiente per la cottura a casa loro. Le classi popolari urbane conoscevano il piacere di consumare a tavola solo il pasto serale. I ricchi si potevano invece permettere antipasti e dolcetti, che acquistavano o si facevano preparare a casa. Nonostante ciò, le tabernae erano molto numerose e, pur avendo una cattiva reputazione, venivano frequentate anche da persone importanti. Ciò era però considerato di cattivo gusto dai patrizi, i quali rischiavano di veder sporcata la propria reputazione se erano visti far colazione alla taverna.

 

 

Oltre alle “cauponae” e alle “tabernae” dove i passanti compravano o consumavano bevande fresche o vino caldo, numerosi erano i venditori ambulanti che offrivano pane, frittelle, salsicce, ecc. I venditori ambulanti, detti lixae, esibivano le loro cibarie su bancarelle smontabili in tavole, protette dalla pioggia per mezzo di tende. La loro attività era controllata, perché essi vendevano i loro prodotti vicino a luoghi sacri e, per rispetto nei confronti degli dei, si volevano evitare scene di ebbrezza e disordini.

Lo scrittore latino Marziale in un epigramma descrive il caos delle strade dell’Urbe prima dell’editto di Domiziano che aveva regolato l’esposizione e lo stazionamento di merci per strade e marciapiedi:

“Non più fiaschi appesi ai pilastri… barbiere, bettoliere, friggitore, norcino; nel proprio guscio se ne sta ciascuno. Ora c’è Roma: prima era un casino”.

Ma la pratica del cibo di strada non scomparve. Come già avveniva nell’antica Roma, sia nel Medioevo che nell’Età Moderna le classi popolari urbane vivevano gran parte della giornata per strada, dove consumavano i loro pasti comprando prodotti in botteghe o da venditori ambulanti. Con lo sviluppo dell’industrializzazione e l’entrata delle donne nel mondo del lavoro extrafamiliare, il ceto popolare urbano s’ingrossò, e il fenomeno del cibarsi per strada aumentò.”

A Napoli, ancora oggi, per esempio a Porta Capuana, è venduto il “bror’e purpo“, polpo lessato per strada, condito con olio d’oliva e limone o peperoncino, servito fumante in bicchierini di vetro. Ma Napoli è una delle città nelle quali lo “street food” trionfa!

La Pizza Fritta

Per 40 pizzelle del diametro di 7-8 cm:

1 kg di farina /½ litro d’acqua/ 50 g di lievito di birra (2 cubetti)/ 1 cucchiaino di zucchero/ Olio d’oliva per frittura/ 40 g di sale

Per il sugo di pomodoro:

2 spicchi d’aglio/ 1 cipolla di medie dimensioni (o 2 piccole)/ Olio extravergine d’oliva/ 2 cucchiai d’origano/ 750 g di polpa di pomodoro (o di passata)/ Sale

Per prima cosa sciogliete il lievito di birra in 250 ml di acqua insieme allo zucchero ed aspettate che in superficie si formi la classica schiumetta. Poi mettete la farina in una ciotola capiente ed uniteci l’acqua con il lievito disciolto. Nei restanti 250 ml d’acqua, fate sciogliere il sale ed incorporate anche questa soluzione alla farina.

Impastate fino a quando tutti i liquidi si saranno assorbiti. Potete compiere questa operazione con l’aiuto di un’impastatrice, così come faccio io normalmente. Quando l’impasto sarà abbastanza compatto, infarinate una spianatoia e continuate ad impastare con le mani per altri 10-12 minuti, e comunque fino ad ottenere una pasta liscia, omogenea ed elastica.

A questo punto mettete l’impasto in un recipiente infarinato, copritelo con un canovaccio da cucina e lasciatelo lievitare per circa 2 ore in un luogo tiepido, asciutto e privo di correnti d’aria. La lievitazione sarà completa quando l’impasto avrà raddoppiato il suo volume. Intanto che l’impasto lievita, preparate il sugo per condire le pizzelle.

Tritate la cipolla e l’aglio quanto più sottilmente possibile, quindi fateli soffriggere a fuoco lento in una casseruola con olio già caldo. Io frullo sia l’aglio, sia la cipolla con olio d’oliva e poi faccio soffriggere. I due aromi, in tal modo si amalgameranno meglio tra loro e con il sugo, diventando quasi impalpabili con la cottura. Dopo 4-5 minuti aggiungete la polpa di pomodoro (o la passata, se preferite) e lasciate cuocere per 20-25 minuti. Aggiustate di sale e se all’assaggio il sugo dovesse spiccare un po’ d’acidità, correggete con un cucchiaino di zucchero.

Pochi minuti prima di spegnere il fuoco aggiungete al sugo l’origano in maniera che insaporisca la salsa. Quando la lievitazione sarà completata, prendete l’impasto e ricavatene 40 palline di pasta del peso di circa 40-50 grammi ciascuna, quindi mettetele nuovamente a lievitare dentro un canestro o su un vassoio al cui interno avrete messo un canovaccio infarinato. Coprite le palline di pasta e lasciatele lievitare fino a che non abbiano nuovamente raddoppiato il loro volume. Dopo circa un’ora prendete le palline di pasta e sulla spianatoia infarinata, schiacciatele con le dita e formate tanti dischetti di pasta con i bordi leggermente rialzati. Ora potete cominciare a friggere le pizzelle.

Fate scaldare abbondante olio in una padella inaderente larga e con i bordi abbastanza alti (le pizzelle devono galleggiare). Quando l’olio avrà raggiunto la temperatura ottimale, immergeteci i dischi di pasta e lasciate friggere per 2-3 minuti da entrambi i lati fino a che non siano perfettamente dorati. Scolate le pizzelle, fatele sgocciolare su un foglio di carta da cucina assorbente, quindi conditele con un paio di cucchiai di sugo e con una spolverata di formaggio grattugiato o con pezzetti di mozzarella. Servite immediatamente.

Alla Friggitoria Vomero  “o’ cuoppo,” il cono di carta che contiene ogni genere di bontà fritta, tra cui pizzette, arancini, sciurilli, crocchette di patate con il prezzemolo, scagliozzi di polenta e polpettine di melanzane.

 

Polpette di melanzane

Di Nunzia Zuccarini, Nonna Nunù

per 6 persone

2 kg di melanzane/ 4 uova/ 150 gr di formaggio tra parmigiano e pecorino romano/ uno spicchio d’aglio tritato/ prezzemolo tritato q.b./ pane raffermo q.b./ pangrattato q.b./ sale e pepe a piacere

Le melanzane a tocchetti mentre mettete sul fuoco una pentola colma d’acqua. Quando l’acqua bolle aggiungere il sale e versarvi le melanzane. Esattamente come si fa con la pasta. E allo stesso modo, quando le melanzane sono cotte, lasciarle colare nello scolapasta. Lasciatele raffreddare bene a lungo. Usate l’acqua di cottura, fredda, delle melanzane per mettere un pò in ammollo il pane raffermo.

Quando le melanzane sono ben fredde, assicuratevi che abbiano perso l’acqua di cottura e a quel punto preparate gli ingredienti per le polpette. In una terrina ampia versate le uova, il formaggio grattugiato, l’aglio e il prezzemolo tritati, sale, pepe e le melanzane. Aggiungere poi il pane raffermo in modo da far amalgamare il tutto.

L’impasto risulta morbido, non vi scoraggiate (e soprattutto non fate stare troppo il pane a bagno nell’acqua), preparate delle polpette, passatele nel pangrattato e poi nell’olio d’oliva bollente. Sono più gustose se mangiate fredde, con una bella insalata di stagione a contorno.

Sciurilli

Le pizzelle di sciurilli sono un tipico piatto napoletano. Possono essere servite come antipasto o per cena insieme a formaggi e salumi o come contorno.

300 gr di fiori di zucchine/ 500 gr di farina/ 400 gr di acqua tiepida/ 1 lievito di birra/ 1 cucchiaino raso di sale/ 30 gr di parmigiano grattugiato/ 1 uovo/ pepe/ olio per friggere

Pulite i fiori di zucchina eliminando il pistillo, quindi sciacquateli, asciugateli e metterli da parte. Mettere la farina a fontana in una ciotola capiente e versare al centro un uovo, impastare aggiungendo man mano il lievito sciolto in acqua tiepida.Quando la pastella risulterà morbida, salare, pepare e aggiungere i fiorilli e il parmigiano.Impastate per amalgamare bene i fiori di zucchina all’ impasto. Far lievitare coperto con un canovaccio, per circa 2 ore.Scaldare abbondante olio in un’ampia padella e friggere le pizzette lasciando cadere il composto a cucchiaiate nell’olio bollente.Far cuocere da ambo i lati per un paio di minuti, quindi sollevare le pizzette e farle asciugare su carta assorbente.

 

 

Scagliuozzoli

Tenete da parte circa 100 grammi di farina gialla. Prendete una casseruola alta. Versatevi dentro l’acqua. Portatela a bollore. Versatevi dentro la farina. Preparate una polenta molto densa. Al termine versatela su di un tavolo di marmo leggermente umido. Con le mani umide stendetela fino ad uno spessore di circa 1,5 cm. Lasciate raffredare. Tagliate la polenta a bastoncini lunghi circa 7 cm e larghi circa 3 cm. o a triangoli. Preparare una casseruola; versatevi l’olio e portatelo a temperatura. Prima di friggere passate “gli scagliuozzoli” nella farina che avete messe da parte. Toglieteli dall’ olio solo quando si sarà formata una crosta croccante e dorata. Serviteli con sale e se volete un pizzico di pepe.