La Mimuna: siate benedetti e rallegratevi!

Durante il periodo di Pesah (passare oltre, in ebraico) si ricordano i momenti fondanti della storia degli Ebrei: il “passare oltre” dell’Angelo della Morte che colpì i primogeniti egizi ma risparmiò quelli ebrei; il “passare oltre” dalla schiavitù in Egitto alla libertà nel deserto; la faticosa costruzione del divenire da massa di schiavi, un popolo. Durante Pesah chi osserva la ricorrenza non mangia cibi con lievito (hamez) perché nella fuga non ci fu tempo per aspettare che il pane lievitasse, ma anche perché il peregrinare nel deserto doveva servire a togliere il hamez interiore, a fare “pulizia” negli animi prima di prepararsi a un nuovo inizio (e da questo l’usanza delle pulizie chiamate “di Pasqua”). Non si riacquista di colpo la libertà dopo essere stati a lungo schiavi senza passare prima dal “deserto” che in quanto luogo simbolico del vuoto rappresenta il guardarsi dentro, l’interrogarsi e il fare pulizia.

 

Poi, come tutte le ricorrenze, anche Pesah che dura otto giorni finisce e con lei il divieto al lievito. La Mimuna, per gli ebrei Mizrahim, quelli originari dei Paesi del Maghreb, è la festa che segna la rottura del divieto. Che significa Mimuna? Non c’è concordanza sull’etimologia della parola: forse deriva dal ricordo del giorno della morte del padre di Maimonide, il saggio Rabbi Maimon Ben Yussef  HaDayan, venerato in Marocco; forse dal termine Emuna, fede, in ebraico; oppure dalla parola araba Mimun, fortuna, perché tempo considerato propizio per i matrimoni; oppure a Mamon, soldi, per intendere l’abbondanza dopo il tempo della “privazione” di Pesah. Di certo si sa che la Mimuna fa fiorire le tavole di tutto quanto di più buono e dolce si possa immaginare.

Durante Pesah gli ebrei Mizrahim preferiscono mangiare a casa, per essere certi di rispettare il divieto del hamez. La Mimuna però è un modo di rinsaldare i legami con i vicini musulmani e cristiani, di dire loro “Non è stato per superbia che ci siamo astenuti dalla vostra tavola. Ecco, vi apriamo la porta di casa per festeggiare insieme a voi”. E’ la festa del vicinato, delle visite, degli inviti, del miele, del cuscus dolce al burro e all’uvetta, Mi Mona, il mio dolce!

Un pesce, simbolo di fertilità; una tazza di farina che indica il ritorno all’abbondanza e al pane, insieme a delle monete, dei gioielli, delle fave e delle uova; olio, contro il malocchio; latte fresco, burro, latte cagliato, frutta secca e fresca, lattuga che simbolizza la primavera. E i dolci: di mandorle, di nocciole, di noci, annaffiati di burro e miele e accompagnati da té alla menta. E musica e canti e danze.

Mofleta è una specie di crépe, questa è una ricetta da La cuisine Juive Sepharade:

1 kg di farina

50 gr di lievito da pane

60 gr zucchero

22 gr sale

1 bicchiere d’olio (quello d’oliva è più “forte” di quello di arachide. Io sceglierei quest’ultimo)

La farina in un recipiente e la classica fontana al centro. Il lievito diluito in un bicchiere di acqua tiepida. Sale, zucchero, olio e lievito nella farina. Impastare e se ci fosse bisogno, aggiungere un po’ di acqua tiepida. La consistenza dovrebbe essere come quella del pane. Lavorare la pasta per almeno dieci minuti. Lasciarla poi lievitare da 45 minuti a 1 ora, a seconda del clima. Dividere la pasta in palline della misura di un pugno. Oliare un piano e disporre le palline a lievitare ancora 20 minuti.

Mettere dell’olio in una scodella. Ungendosi le mani e spruzzando la pasta d’olio tirarla delicatamente in forma quadrata o tonda.

 

La pasta deve risultare sottilissima. Se ci venisse qualche buco, pazienza, poco male. Ribattere il bordo inferiore verso il centro, poi quello superiore. Lo stesso con i bordi laterali e si otterrà un quadrato. Oliare la superficie del “pacchettino” ottenuto. Quando tutte le palline saranno stirate in quadrati, ripartire dal primo e, con le mani oliate, ricominciare a tirarlo. Nel frattempo, mettere a scaldare una padella con un filo d’olio e quando è caldo posare la prima mofleta. Lasciar cuocere da 5 a 7 minuti, deve diventare dorata. Girarla e cuocere allo stesso modo l’altra parte. E servirle cosparse di  burro fuso e miele. Terbehou !!!!!!  Buon appetito!

 

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