La Cacio e Pepe, ‘na storia burina

“Doppo che ho rinnegato Pasta e pane, so’ dieci giorni che nun calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure… me pare un anno e so’ du’ settimane. Nemmanco dormo più, le notti sane, pe’ damme er conciabbocca a le torture, le passo a immaginà le svojature co’ la lingua de fòra come un cane.

Ma vale poi la pena de soffrì lontano da ‘na tavola e ‘na sedia
pensanno che se deve da morì? Nun è pe’ fà er fanatico romano;
però de fronte a ‘sto campà d’inedia, mejo morì co’ la forchetta in mano!”

Aldo Fabrizi, La Dieta

La pasta Cacio e Pepe è traditora. Sembra una sciocchezza, un piatto che più facile non si potrebbe immaginare e invece saperla fare bene è un’arte. Se la preparavano i pastori, durante la transumanza e per forza di cose non potevano portarsi dietro né grande attrezzatura, né troppi ingredienti. La cacio e pepe è fatta di pecorino romano e pepe nero.

La pasta più adatta è il tonnarello, che in Abruzzo chiamano spaghetto alla chitarra: spaghetto quadrato, fatto di semola di grano duro e sale.

La cacio e pepe è traditora perché se non si fa in modo di creare quella cremina che è la sua caratteristica il risultato sarà un sugo secco, impepato e senza nessuna attrattiva. Bisogna creare la cremina, come? Per prima cosa l’acqua nella quale far bollire la pasta deve essere poca, in modo da poter trattenere più amido possibile. Mentre la pasta cuoce si preleva una piccola quantità dell’acqua di cottura e ci si scioglie il pecorino romano grattugiato: per mezzo chilo di pasta ci vogliono tre etti di pecorino e mezzo cucchiaino di pepe per ciascun commensale.

Quindi, nella zuppiera di servizio mettiamo pecorino e pepe, sciolti con poca acqua di cottura. A tempo debito versiamo la pasta che dobbiamo scolare con una paletta forata, perché l’acqua di cottura ci servirà ancora. Appena calata la pasta aggiungiamo velocemente un mestolo di acqua di cottura e mescoliamo, servendo subito, che altrimenti il formaggio si raffredda e diventa duro. Una ultima spolverata di pepe sul piatto già pronto. Basta, non serve altro, eppure che bontà!

(La foto è di Visitare Roma)