Il ragù e i Maccheroni alla siciliana, Sabato, Domenica e Lunedí

…Giulianella: L’insofferenza di mammà nei tuoi confronti sai da cosa ha avuto origine? Adesso te lo dico, cosí ti metti l’anima in pace. Quattro mesi fa, è una cosa di quattro mesi, quando tu e mammà andaste a mangiare in casa di Roberto, ti ricordi?

Peppino: Sí mi ricordo, ma non successe niente.

Giulianella- Maria Carolina che pranzo vi fece?

Peppino- E chi si ricorda?

Giulianella- E te lo dico io perché lo seppi da mammà. Vi fece i maccheroni alla siciliana, conditi col pomodoro fresco e le melanzane fritte.

Peppino- Ah, sí, Maria Carolina li cucina alla perfezione… E li fece stufare al punto giusto. Io me ne mangiai due piatti.

Giulianella- E a tavola facesti un sacco di complimenti a Maria Carolina, che non avevi mai mangiato dei maccheroni alla siciliana cosí buoni e che un giorno li doveva venire a cucinare qua, per tutti quanti noi…

Peppino- Sí mi ricordo

Giulianella- E dici che quel giorno non successe niente?

Peppino- Perché?

Giulianella- Mammà tornó come una diavola quella sera. Si prese una collera e tale papà, io non ho mai visto una persona piangere come piangeva mammà quella sera. Ti giuro che mi vidi perduta. Diceva: “Come, allora io mi devo fare insegnare come si fanno i maccheroni alla siciliana da Maria Carolina?”…

Napoli, anni ’30; Rosa, una bellissima Sofia Loren nei suoi 54 anni, e Peppino Priore, Luca De Filippo che a tratti assume la maschera recitativa del padre, sono una coppia che vive, dopo trent’anni di matrimonio, un momento di crisi: Peppino si sente trascurato, avverte lontana la moglie. La gelosia gli avvelena la vita, teme un tradimento, finché a un pranzo domenicale, davanti al famoso ragù dei giorni di festa, vuota il sacco davanti a figli e invitati, tra i quali anche il presunto rivale.

Costernazione generale, Rosa, per la vergogna e la rabbia, sviene. Giulianella, la figlia della coppia, svela al padre il perché della freddezza della madre “da quattro mesi”: era Rosa a sentirsi trascurata dal marito, a non vedere riconosciuto il suo lavoro quotidiano, stufa che i suoi sforzi per il governo della casa fossero accolti come dovuti e la goccia che aveva fatto traboccare il vaso erano stati i complimenti esagerati rivolti da Peppino alla nuora, autrice del famoso “ruoto di maccheroni alla siciliana”.

Ci sarà il lieto fine: in una Napoli scossa da episodi di bradisismo i coniugi Priore si chiuderanno in camera da letto per rinverdire il loro amore.

Il film è del ’90, per la regia di Lina Wertmuller ed è l’ennesima rivisitazione della commedia omonima che Eduardo scrisse nel ’59. Forse volendo fotografare una delle ultime immagini della famiglia tradizionale che gli italiani avevano conosciuto e che si disintegrerà nei cambiamenti epocali che avverranno di lí a pochi anni.

Una delle scene più famose del film è la lite, che rischia di degenerare in rissa, dal macellaio dove Rosa si era recata per comprare la carne necessaria a cucinare il ragù della domenica, la cui esecuzione non trovava l’accordo tra le donne presenti: “E’ come dire che dobbiamo venire tutti ad Afragola per imparare certe raffinatezze…”

Che cosa mette Rosa nel ragù?

Girello kg 1,500

Annecchia kg2

Tracchiolelle kg1

Nervetti 2

Corazza

Prosciutto g30

Pancetta g30

Lardo tritato g50

Strutto g.100

Olio g50

Cipolla g200

Concentrato di pomodoro

Passata di pomodoro g400

Aglio

Sale

Pepe

Prezzemolo

Vino bianco

Da Napoli Time la ricetta:

Lardellate le carni (girello e annecchia) con prosciutto, prezzemolo, pancetta, pepe, aglio. Tritate cipolle, lardo, aglio, pancetta ponendoli in una casseruola di rame con strutto, olio, sale, pepe e le carni (tutte)che andranno ben sigillate. Coprite e lasciate andare fin quando la cipolla imbiondisce quindi sfumare col vino bianco. Aggiungere il concentrato di pomodoro, la passata e lasciar cuocere a fuoco bassissimo per tutto il giorno girando di tanto in tanto. ‘O rraù adda pippià chianu chianu. Deve essere insomma confessato e comunicato.

Non di certo un piatto leggero. Ma cos’è l’annecchia? Da Nuvole Napoletane:

“Termine antico quello in epigrafe che à resistito, nell’uso comune partenopeo parecchi secoli e che ancora si poteva udire, negli anni ’50 del 1900, tra il popolo. A mano a mano se n’è perso poi l’uso ed oggi solo qualche ottuaggenario lo usa ancora allorché si reca in macelleria per acquistare delle tenere fettine appunto d’annecchia che è la carne della manzetta giovane, della giovenca che è stata macellata quando non ha ancora superato un anno di vita.
Per traslato e tenendo presente la sua giovane età il termine è usato pure per indicare una giovane ragazza piuttosto bassa ed in carne.
L’etimologia è palesamente latina e viene dal termine annicula per il tramite di una forma regionale anniclja con l’attestato significato: di un anno.”

E le tracchiulelle? Niente di misterioso, sono le costine di maiale. E la corazza è un taglio di seconda scelta, il muscolo, conosciuto anche come scaramello, nel resto dell’Italia.

Appurata la preparazione del ragù napoletano, l’altro piatto di spicco del film sono i maccheroni alla siciliana. Intanto è bene chiarire che nel nostro Sud tutti i piatti a base di melanzane diventano “alla siciliana”. Ma la prima domanda che viene da porsi è: che cosa si intende con “maccheroni”? Di che pasta si tratta? Ovviamente si tratta di una pasta di grano duro, secca, ma le sicurezze si fermano qui perché poi ogni Regione ne dà la sua interpretazione. In Un americano a Roma, di Steno, Alberto Sordi pronuncia il famoso “maccarone m’hai provocato e mo’ me te magno” ingozzandosi di spaghetti o forse più plausibilmente di bucatini. Perché il maccherone deve essere tubolare, lungo o corto che sia. Quindi dai bucatini, ai rigatoni ma soprattutto agli ziti spezzati. La storia del maccherone è affascinante. Da Taccuini Gastrosofici:

“Nel ‘700 a Napoli, grazie alla comparsa di macchine per la fabbricazione su larga scala, i maccheroni divennero alla portata anche del popolo. Agli angoli delle strade trovarono posto le grosse caldaie dei maccheronari, affiancate dal piatto di terraglia con la piramide bianca di formaggio grattugiato, solcata da righe di pepe. I maccheroni si affermarono prima come street food e poi come cibo gourmet.
Un osservatore francese scriveva “quando un lazzarone ha guadagnato le quattro o cinque monete che gli bastano per comprarsi i maccheroni, non si preoccupa più del domani e smette di lavorare”. L’immagine dello spiantato che, con la testa buttata all’indietro, si faceva scendere in bocca una manciata di pasta fece il giro d’Europa. Assieme a racconti come quello citato c’è anche anche un vero e proprio testimonial d’eccezione che elevò i maccheroni a cibo di corte: il re Ferdinando I di Borbone. Un ospite irlandese della corte borbonica che aveva assistito a un pasto regale, lo descriverà così: “Li afferrava tra le dita, torcendoli e stiracchiandoli, e poi infilandoseli voracemente in bocca, disdegnando con la massima magnanimità l’uso di coltelli, forchette o cucchiai, o qualsiasi altro strumento eccettuati quelli che la natura gli ha gentilmente messo a disposizione”.

Ma insomma, questi maccheroni alla siciliana? Dubito si tratti di una specie di pasta alla Norma, perché la Loren/Rosa nel film parla di “ruoto”, la teglia da forno. Forse si potrebbero paragonare più verosimilmente alla pasta ‘ncasciata di Montalbano, ma più leggera, a base di salsa di pomodoro fresco, melanzane fritte e mozzarella.

La foto da Giallo Zafferano

Quindi, melanzane tagliate a cubetti e fritte, salsa di pomodoro fresco, mozzarella a cubetti, metà mescolata alla pasta e l’altra metà a ricoprirla, insieme a una parte delle melanzane fritte e tanto parmigiano, mescolato alla pasta e sopra. Poi in forno a 200°, finché non si forma la crosticina, quindi una mezz’oretta.

Diceva Eduardo:

« In Sabato, domenica e lunedì c’è un fermento contestatario, un’anticipazione dell’avvento del divorzio in Italia, una apparente fusione di finti rapporti cordiali in una famiglia in cui convivono i rappresentanti di tre generazioni: nonni, figli, nipoti, ma dietro la facciata bonaria si avverte un ammonimento a tutti i coniugi che non vanno d’accordo: spiegatevi, chiaritevi i vostri dubbi, i vostri tormenti. Alla fine della commedia non c’è chi non comprenda che soltanto l’amore può tenere insieme due esseri; non certo il matrimonio, e nemmeno i figli»

La foto di Libero Pensiero